Ci Sarà da Correre

Ogni canzone ha una sua storia e un suo significato che va al di là delle parole e anche della musica stessa.

Mi piacerebbe rendere questo disco qualcosa che può avvicinarsi alla vita di tutti, per questo, è importante che chi lo ascolta possa vivere le canzoni come le vivo io.

Dal momento stesso in cui è nata l'idea di questo disco ho raccolto momenti legati ad ognuna delle tracce registrate: provini e versioni differenti della stessa canzone, video e foto delle sessioni di studio, aneddoti e storie legate a grandi artisti e a un'epoca passata.

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È Tutto Cielo

È Tutto Cielo

Questa è la canzone che apre il disco non poteva essere altrimenti.
Le prime note che si ascoltano sono di una chitarra, quella di mio padre, così la sua firma è chiara e riconoscibile da subito.

È una canzone semplice nella musica e nelle parole. Parla di lui, di me e di tutte quelle persone che hanno grandi sogni e che lasciano che sia la fantasia il motore della vita.

E anche se i nostri desideri non si realizzano, per quanto ci si provi, restano nel nostro cuore per sempre a ricordarci che non bisogna smettere di sognare.
“È tutto cielo quello che vedo dalla finestra di casa mia, è fantasia. Fantasia.”

Avere Fame Avere Sete

Avere Fame Avere Sete

Questa canzone “gira” in casa mia da diversi anni, cronologicamente la collocherei tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ‘80 eppure, ancora una volta non ha nulla di obsoleto.

Come molte altre di questo disco, è “leggera” nel modo, ma densa nel significato.
In particolare qui si parla di contraddizioni, dell’essere imbrigliati nelle convenzioni e nei pregiudizi e di quanto siamo spesso cinici e individualisti.

Siamo in costante contraddizione tra quello che vorremmo o dovremmo fare e quello che facciamo, tra quello che siamo e quello che vogliamo far credere di essere.


Ci Sarà da Correre

Ci Sarà da Correre

Mi incanta pensare a quanto queste canzoni risalgano ad un periodo lontano dal presente eppure siano così incredibilmente attuali.
“Ci Sarà da Correre” potrebbe tranquillamente essere la parafrasi di una qualsiasi pagina di cronaca dei nostri giorni.

Chi si suicida e chi si ammazza di botte a una partita di calcio, storie di rabbia e furore e “gli spettatori” che fanno i turisti sui luoghi dei delitti. Perché è così, troppo facilmente “si scambia la morte con il folklore”.
L’epilogo della storia però deve essere ed è luminoso: “il buio è una cosa e un’altra cosa è la vita”.

Il Provinciale

Il Provinciale

Quanti dopo un viaggio, una vacanza, una fuga dalla quotidianità, tornano con un po’ di malinconia alla vita di tutti i giorni? Immagino tutti.
“Il Provinciale” parla esattamente di questa sensazione.

Parla di come si passi il tempo ad attendere quella fuga, la stanchezza e il malessere di dover affrontare giorno dopo giorno una vita che non sembra mai soddisfacente fino in fondo, per il semplice fatto che manca la libertà di fare ciò che si desidera, senza vincoli e doveri.

Mentre ci si preoccupa e ci si intristisce però, il tempo intanto passa e ritorna il momento per poter fuggire di nuovo.


Progetto

Progetto

Quando nacque “Progetto” non voleva essere un brano di denuncia, ma certo, visto come le cose stanno purtroppo andando, il tema è più attuale che mai.

“Progetto” è una canzone incentrata su 3 stereotipi maschili: un apparentemente perfetto padre di famiglia, un ragazzo inesperto e viziato e un prete.
Denominatore comune di tutti: l’amore carnale.

Dietro ai ruoli imposti: quello dell’integro padre di famiglia, del figliolo “mammone” e del necessariamente casto sacerdote si nascondono desideri ardenti e inconfessabili.

Sacco a Pelo

Sacco a Pelo

La chitarra che mi accompagna in questa canzone è quella di mio padre e ogni volta che la canto fatico a restare lucida, l’emozione è grande.

Mio padre incise nei primi anni ‘80 “Sacco a Pelo” in un Q-Disc intitolato “Il Gruppo”. Un paio d’anni fa, mentre lavoravamo insieme al progetto di questo disco, mi preparò questo accompagnamento acustico e non fu difficile per me sentirmi completamente immersa nella storia che la canzone racconta.

Una notte fuori con un sacco a pelo, i propri pensieri e la necessità di schiarirsi le idee ripercorrendo la propria vita e le proprie scelte.


Tempi Politici

Tempi Politici

Il tempo e le persone passano, ma sembra che qualcosa, almeno qui, resti immutato: la politica.
Non ho mai voluto mischiare politica e musica e in effetti qui non ci si schiera da una parte o dall’altra.

Questo brano è una constatazione. Noi meritiamo attenzione e onestà dalla politica, dovrebbe rappresentarci, ma è talmente distante da dimenticare le promesse fatte nel momento stesso in cui le fa.

Senza parlare di chi continua a recriminare su un periodo storico o l’altro senza considerarli una memoria preziosa da cui attingere, ma pensando solo al proprio interesse presente.

Non Voglio Essere

Non Voglio Essere

Questa canzone fu incisa da Milva nel 1977, mio padre ha scritto molto per lei negli anni.

Parla di un rapporto di coppia impari, in cui lei è relegata al ruolo che lui le impone, un ruolo sminuente e addirittura spesso solo “decorativo”.

La presa di coscienza di ciò che la protagonista Non Vuole Essere costituisce la narrazione stessa. Contro ai tanti ruoli passivi che è obbligata a rivestire lei dichiara solo: “Non voglio essere nient’altro che la mia persona”.

Non si può vivere nell’ombra di un uomo che cerca di annullarti.


Wagon Lits

Wagon Lits

“Wagon lits” è una canzone del 1978 scritta da mio padre con Cristiano Malgioglio e interpretata originariamente da Ornella Vanoni nell’album “Vanoni” con arrangiamento di Gianfranco Lombardi e i cori dei mitici New Trolls.

È una canzone dal testo molto sensuale infatti parla di un incontro “extraconiugale” sul vagone letto di un treno.

Musicalmente, già nella versione originale, aveva a mio parere un carattere molto rock.
Per questo la mia versione accentua questo aspetto, da irriducibile “rockettara” non ho potuto mancare questa occasione.

Il Testamento di Tito

Il Testamento di Tito

Nel 1971 Michele, il cantante di “Susan dei Marinai” e all’epoca coinquilino dei miei genitori, svegliò mio padre alle 2 di notte con in mano un foglietto a quadretti che riportava la prima strofa de “Il Testamento di Tito”.

Michele gli disse che aveva immediatamente fatto il suo nome al suo grande amico Fabrizio De André poiché non era soddisfatto della musica che lui stesso aveva composto sul testo e che quindi, De André, dava a mio padre la possibilità di fare un tentativo musicale.
Il risultato di quel tentativo è noto. Sono molto orgogliosa che mio padre abbia musicato una delle canzoni più importanti del grande Fabrizio De André.